Tumore alla prostata

1La prognosi del tumore della prostata
La prognosi del tumore della prostata è complessivamente buona. Come per molti tumori, prima viene diagnosticato e meglio è. Negli USA, 80.9% dei pazienti viene diagnosticato quando la malattia è in uno stadio localizzato ( cioè all’interno della prostata). La probabilità di sopravvivenza complessiva negli USA è del 90%. Se la malattia è localizzata la probabilità di sopravvivenza a 5 anni sale QUASI al 100%, se viceversa si presenta in forma metastatica, ( cioè si è disseminata a distanza) questa probabilità scende al 27.9%. [FONTE: national cancer institute – SEER – USA]
2La diagnosi precoce del tumore alla prostata
Il tumore della prostata ha una elevatissima probabilità di guarigione se diagnosticato precocemente; non solo, ma oltre ad una elevata sopravvivenza, riuscire a diagnosticare precocemente un tumore prostatico consente di fornire al paziente il trattamento IDEALE per garantire la cura della malattia; talvolta, in pazienti selezionati, non si rende necessaria alcuna cura, ma solamente uno stretto programma di controlli detto “sorveglianza attiva” volti a seguire lo sviluppo della malattia, pronti ad intervenire nei casi in cui vi sia davvero necessità. Altrimenti, è comunque possibile garantire una prognosi eccellente, mantenendo la qualità di vita del paziente, grazie a trattamenti chirurgici come la prostatectomia radicale e la radioterapia .
3Come avviene la diagnosi:
Nei soggetti di età superiore ai 50 anni è buona norma effettuare una visita urologica ed un controllo del PSA. Oltre al cosiddetto PSA totale, esistono altri surrogati come il PSA libero, il PSA density etc che possono essere valutati dall’urologo per meglio definire l’opportunità o meno di procedere con ulteriori accertamenti. Qualora i valori del PSA e/o l’esplorazione rettale lo suggeriscano, è possibile che venga posta indicazione ad effettuare una biopsia prostatica. Nota bene: e’ pratica diffusa, quanto sconsigliabile quella di effettuare ripetute ecografie transrettali di controllo. L’ecografia transrettale è utile per acquisire una serie di informazioni ( forma, volume prostatico, volume dell’adenoma, etc) anche molto importanti, ma non ha, ad oggi, dimostrato di aggiungere nulla alla diagnostica del tumore prostatico. E’ opportuno utilizzarla quando si deve procedere con una biopsia prostatica, per poter guidare l’ago nei “quadranti prostatici” corretti. Che cosa è la biopsia prostatica? La biopsia è una procedura che attraverso al guida della sonda ecografica, consente di prelevare dei campioni di tessuto prostatico e di farli analizzare dall’anatomopatologo. La biopsia viene oggi effettuata con numerosi prelievi, solitamente tra 10 e 18 prelievi, in anestesia locale. Le tecniche bioptiche prevedono l’inserimento della sonda ecografica nel retto del paziente e previa anestesia locale, l’inserimento di un ago attraverso il retto ( tecnica transrettale, la più diffusa) o attraverso il perineo, tra lo scroto e l’ano del paziente. E’ una procedura fastidiosa ma tollerabile. Nel casodi biopsia positiva per neoplasia prostatica per capire la “gravità” del problema, dobbiamo capire il livello di aggressività della malattia. Questa viene espressa, al di là di altri parametri, dal cosiddetto grado Gleason che si presenta come la somma di due numeri. Insieme al PSA e all’esito dell’esplorazione rettale, il grado Gleason fornisce all’urologo le informazioni più importanti per fornire al paziente le indicazioni terapeutiche. Forme di aggressività intermedia sono i Gleason 3+4 e 4+3, mentre dal Gleason 4+4 fino al 5+5, si tratta di forme più aggressive.
4La stadiazione del tumore alla prostata
Una volta che la biopsia prostatica ci ha rivelato che nei campioni in esame ci sono cellule tumorali, sarà importante capire l’aggressività e l’estensione della malattia che ci troviamo ad affrontare. Una prima serie di informazioni le acquisiamo dai parametri già in nostro possesso. PSA ( se < 10 siamo in area di basso rischio) Gleason Score ( se < 7 siamo in area di basso rischio) Esplorazione rettale (se l’urologo che ci ha visitato ci ha detto che non si sentivano noduli siamo in area di basso rischio). Quando i fattori suddetti identificano un area di basso rischio, non si rendono necessari ulteriori accertamenti e possiamo procedere con la scelta terapeutica del caso. Qualora i fattori suddetti identifichino un rischio intermedio o elevato sarà opportuno procedere con accertamenti ulteriori volti a definire se vi siano rischio che la malattia sia disseminata ai linfonodi ( e per questo si esegue la TAC) o alle ossa ( per questo si esegue la scintigrafia ossea). In forme particolarmente avanzate, possono evidenziarsi eventuali altre problematiche che vanno accuratamente identificate e trattate da parte dell’urologo curante.
Ci sono tre fattori di rischio ben studiati:
  • aumento dell’età
  • origini etniche
  • familiarità
Purtroppo per questi fattori non esiste prevenzione. Esistono dei fattori esogeni come
  • alimentazione
  • promisquità sessuale
  • uso di alcool
  • esposizione agli UV
Nessuno di questi ha avuto un valore scientificamente accettato ma attualmente una dieta povera di grassi animali e ricca di frutta e vegetali vitamine come C,D,E, minerali come calcio e selenio e fitoestrogeni sembrano essere protettivi verso lo sviluppo di un tumore aggressivo.
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